Avete mai pensato a quante energie mettiamo nel fare scelte di vita il più possibile in armonia con il pianeta?
Quanta attenzione riserviamo ai cibi che scegliamo, al bere abbastanza acqua, al non fumare e al non esagerare in generale con ciò che sappiamo farci male?
Nella migliore delle ipotesi ci sentiamo bravi perché riusciamo ad usare poca plastica, a comprare il sale di roccia, invece che quello dell’atlantico inquinato, ad andare in bicicletta o a piedi invece che usare l’auto, a fare movimento.
E le energie dedicate, invece, ad una pulizia più profonda e interna di noi stessi, quante sono?
La facciamo la raccolta differenziata nel nostro mondo interiore?
O tratteniamo tutto, senza distinguere ciò che ci nutre da ciò che ci inquina e blocca?
Quante volte rinunciamo ad un piatto che adoriamo pensando sia troppo grasso o indigesto e poi ci ritroviamo a mangiare rabbia, delusioni, aspettative tradite e disagi non dichiarati?
Quante volte stiamo attenti ad un farmaco o a respirare aria pulita, per poi vivere nella tossicità autoprodotta?
Vogliamo salvare il pianeta senza partire dal salvare noi stessi permettendoci di vivere in armonia con chi siamo e con chi vogliamo nel cammino della nostra vita.
Ci avete mai pensato?
Ci laviamo le mani, ma non i pensieri.
Usiamo il filo interdentale per togliere il cibo incastrato tra i denti, ma non lasciamo andare le relazioni che fanno più male delle carie.
Ci mettiamo la protezione solare per avere cura della nostra pelle, e poi non ci schermiamo da ciò che accade intorno a noi o siamo noi stessi che diamo ancora spazio al nostro severo giudice interiore, permettendogli di bruciarci più del sole e infastidirci molto più dell’eritema.
Adoriamo viaggiare per conoscere, ma scappiamo dal conoscere le nostre parti più buie.
Vogliamo sentirci amati e non amiamo noi stessi.
Facciamo il tagliando alla nostra macchina e a volte trascorriamo settimane senza fermarci per chiederci come stiamo.
Spesso ci trattiamo come gli elettrodomestici a cui cambiamo solo il pezzo rotto, soltanto dopo che la macchina non funziona più.
Non ci fermiamo sulle cause, vogliamo eliminare i sintomi fastidiosi.
Li guardiamo come ostacoli, quando invece sono amici che informano, un po’ come una spia accesa che ci avvisa di essere in riserva.
Facciamo il pieno di benzina alla nostra auto quando noi continuiamo a stare sul fare, anche senza rifornimento.
Carichiamo il nostro telefono quando la batteria segna rosso e noi non sappiamo, spesso, neanche quale sia la nostra ricarica, perché non ci conosciamo e non vogliamo vivere la fatica del cominciare a farlo.
Guardiamo intere serie tv o il profilo Instagram del nostro personaggio del cuore, senza sognare, immaginare e costruire per noi una vita magica vera, pensando che possa esistere solo nella finzione o solo per gli altri.
Siamo bravissimi a buttare la spazzatura nei contenitori giusti e poi i nostri sensi di colpa, le nostre paure e i nostri dolori restano, nella nostra casa del cuore, per anni.
Misuriamo la pressione per vedere se il sangue scorre bene e poi non ci interroghiamo sulla intensità del nostro mondo emotivo.
Cambiamo le gomme quando viene l’inverno, ma noi camminiamo scalzi nelle relazioni scivolose e complesse.
E quando lavoriamo in un cantiere mettiamo il casco perché non si sa mai, eppure non pensiamo a noi stessi che, essendo in continuo cambiamento e trasformazione, siamo in pericolo caduta quasi ogni giorno, perché quando apriamo gli occhi, al mattino, non sappiamo cosa accadrà.
E non ci ricordiamo che siamo noi ad avere in mano il nostro vivere, anche e soprattutto quando ci sono mille difficoltà da affrontare.
Proviamo a riparare un oggetto rotto, e poi se siamo noi a sbagliare ci marchiamo come se il nostro sbaglio ci definisse, nella persona che siamo, per sempre.
Non mangiamo carne e pesce per non uccidere e poi uccidiamo i nostri sogni dietro il pensiero di non essere abbastanza.
Tagliamo le etichette perché ci danno fastidio e poi ci lasciamo etichettare da chi pensa di conoscere tutto di noi.
Lucidiamo le scarpe senza dare luce alle nostre idee.
Ascoltiamo la musica ad alto volume sperando che possa nascondere la nostra melodia interiore.
Guardiamo il mare restando affascinati dal suo scorrere, mettendoci, però, di traverso nel flusso della nostra vita.
Scaliamo le montagne con fatica e sudore ammirandole e poi ci scoraggiamo fortemente e profondamente se un nostro lavoro non viene apprezzato.
Cerchiamo film e frasi che ci facciano ridere, senza riconnetterci alla nostra ironia personale che spesso ci salva e ci aiuta a vivere quella leggerezza di cui abbiamo tanto bisogno e desiderio.
Chiediamo rispetto, comprensione, attenzione, cura e presenza a chi ci sta vicino, senza ricordarci di donarcelo noi stessi.
Tante volte ho sentito e letto che non esiste un pianeta B.
Oggi mi sono chiesta: esiste una Maria Elena B?
La risposta è stata: NO.
Non esiste.
Qualcuno potrebbe dirmi: Per fortuna! J
Ma a prescindere da questo, credo che pensare che non esista nessuno di noi B, sia quanto meno un’opportunità che ci si presenta per ricordare quanto sia prezioso concedersi il dono di darsi valore.
Di portare cuore, cura, gentilezza, perdono, attenzione e amore a se stessi.
Ma farlo davvero, non solo nelle parole, ma anche nei gesti quotidiani, dai più piccoli ai più significativi.
Avere un piano B nella vita è meraviglioso, ma non significa avere una vita B.
Quella non esiste.
Ricordiamocelo.
0 commenti