Vi è mai capitato di farvi auto-sabotaggio? Autogol? O avere azioni e pensieri che siano bastoni tra le ruote per voi stessi e la vostra fioritura?
Vi capita di ripetervi di volere fortemente qualcosa, ma poi, inconsciamente, mettere in atto tutta una serie di atteggiamenti per non ottenerlo, forse, per paura del cambiamento?
Un po’ come quando si resta in una situazione spiacevole perché comunque nota e familiare, per allontanare, così, la paura di affrontare la novità?
Vi siete mai fermati a riflettere se in voi abita una vera e propria abitudine a non prendersi cura di sé?
Non è sempre facile farlo, me ne rendo conto, perché non è volontario, né voluto a livello razionale, eppure capita di ritrovarsi in situazioni che non ci aiutano a spiccare il volo, e restarci.
A volte penso che più che la paura di fallire, in noi abiti la paura di riuscire, per poi conoscere e vivere tutto il nostro potenziale.
I miei anni in ufficio tra i numeri, fatture e bilanci per svolgere un lavoro che non era assolutamente quello che amavo, per me sono stati davvero un auto-sabotaggio in piena regola.
Oggi lo capisco lucidamente.
Eppure mi sentivo “a casa” così come accade nelle situazioni note, anche perché ero circondata da persone che amavo che mi hanno aiutata a restare e resistere.
Già da allora avrei dovuto intuire quanto per me la relazione fosse preziosa anche, purtroppo, a discapito del mio benessere personale, ma il mio orientamento, fortemente verso l’esterno, mi creava un distacco, con il mio sentire, potente e prepotente.
E restavo.
Non vedevo alternativa e non immaginavo ci fossero.
Avevo studiato per essere lì e quello doveva essere il mio futuro, senza possibilità diverse.
Perché è così che la nostra mente ci fa lo sgambetto: mette in scena pensieri che, come veri attori, ti mostrano lo scenario peggiore possibile in caso di modifica del copione.
Quando i pensieri inquinano la lucidità dello sguardo alle nostre risorse, realizzare ciò per cui siamo su questa terra, diventa davvero difficile.
Se poi a questo si aggiunge il nostro ancoraggio al parere degli altri su di noi, è facile sentirsi bloccati e incapaci di percorrere altre strade.
Il senso di sicurezza nel restare, però, esiste ed è come se si vivesse sopra un materasso capace, però, di nascondere e soffocare il trampolino di lancio verso la vita, che resta imprevedibile e piena di fuori- programma.
E infatti ci pensa lei a toglierti le certezze stravolgendo la tranquillità.
Trasforma il noto nell’ignoto e sradica, con dolore, le radici che ci tengono immobili, mettendo a tacere il desiderio di provare davvero a volare.
E questa inconscia guerra a noi stessi, però, forse, finisce.
Ci ritroviamo, con gentilezza, a dare acqua al fiore del pensiero bello su di noi e proviamo a coltivarlo fino a vederlo fiorire, cogliendo le opportunità che la vita ci presenta in dono.
Io non sarei qui a scrivere, oggi, se non avessi vissuto sulla mia pelle tutto questo.
Se la vita non mi avesse dato un pugno in pieno volto e poi un altro ancora.
E così mi chiedo: non sarebbe bello allenare il coraggio di ascoltare davvero quello che desideriamo fare, al di là di quello che stiamo facendo, per camminare sulla strada che ci porta ad essere chi siamo sul serio?
Non ci toglierebbe l’incognita del vivere, questo è chiaro, ma senza dubbio toglierebbe l’istinto ad auto-sabotarci, privandoci della gioia di fare ciò che amiamo e di permettere a noi stessi di vivere esattamente quelli che siamo.
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