Navigare nelle parole per me ha un potere prezioso che mi aiuta a fare luce sul mio sentire e sul mio pensiero e soprattutto a pormi delle domande che tengono allenata la mia mente e il mio cuore.
Parto da una parola: ESPORRE che significa offrire alla vista o all’attenzione altrui, mettere in mostra.
Quindi ESPORSI significa offrire, alla vista altrui, se stessi.
Mi chiedo: chi in questo momento storico e sociale, ma forse non solo, non lo fa?
Chi non espone se stesso alla vista altrui?
Come essere sociali mi verrebbe da rispondere: nessuno.
Quindi mi chiedo: la differenza è data solo dal canale differente che si sceglie, o da modalità diverse?
Dipende da quanto è grande quell’”altrui”?
C’è chi usa le parole per offrirsi, dandone un peso importante, chi lo fa togliendo peso e chi crede di praticare leggerezza attraverso parole che invece diventano ferite.
C’è chi ama le parole di chiusura e chi quelle di apertura.
C’è chi prende tempo e chi il tempo se lo mangia, magari perché teme di averne poco o perché ritiene che “il ferro vada battuto finchè è caldo” quindi, forse, con l’intenzione di modellarlo, quel ferro.
Mi sono chiesta, quindi, la differenza la fa l’intenzione?
Esporre se stessi alla vista altrui ha delle responsabilità?
La responsabilità è pari al personale livello di consapevolezza di ciascuno o al coraggio?
Un’altra parola: CORAGGIO.
Dal suo significato etimologico riporta al cuore, all’avere cuore.
Il coraggio, quindi, è la virtù umana che fa sì che chi ne è dotato non si sbigottisca di fronte ai pericoli.
È da qui che nasce l’idea che ci debba essere un pericolo di fronte al quale avere cuore?
È per questo che coraggioso è giudicato solo chi si offre alla vista altrui quando ha da perdere qualcosa?
O si è coraggiosi semplicemente per il riuscire ad avere, comunque, cuore di fronte ad un pericolo senza tirarsi indietro, continuando ad esporsi?
Ed inoltre: è coraggioso solo chi manifesta questo agire in pubblico o anche chi lo vive intimamente magari quotidianamente?
E così entro in altre due parole: GIUDIZIO E CRITICA.
La critica è quella attività del pensiero impegnata nell’interpretazione e nella valutazione del fatto dal punto di vista morale.
Quando l’interpretazione e la valutazione mettono in luce i difetti si agisce l’azione del criticare.
E giudicare cosa significa? È la stessa azione?
Sul dizionario c’è scritto che significa formulare un giudizio di valore, un’opinione su qualcuno o qualcosa dopo attenta valutazione.
Quindi giudico nel momento in cui vado a toccare il valore che è la misura non comune delle doti morali e intellettuali di una persona.
Cosa vuol dire “non comune”?
Si giudica “dopo attenta valutazione” o lo si fa d’istinto mossi da forti emozioni?
La valutazione è universale o personale?
E la parola ADEGUARSI cosa significa?: rendersi conforme a qualcosa, adattarsi a qualcosa. Mi chiedo: questo è negativo in ogni modo e in ogni senso?
Chi è che decide quando una parola ha un’accezione positiva o negativa?
Esistono delle parole che comunque hanno un’interpretazione positiva o negativa, a prescindere dal contesto e dal tempo in cui sono pronunciate?
Forse un criterio di scelta potrebbe essere legato ad un’altra parola: OFFESA.
L’offesa è un atto o comportamento lesivo della dignità, integrità o autorità altrui.
Quindi forse esistono delle parole che sono lesive della dignità, anche se l’intenzione di chi le ha pronunciate non era tale, proprio perché differenti sono i valori e i significati.
La dignità è il valore dell’esistenza umana a prescindere da ogni grado e livello di appartenenza a qualsivoglia realtà.
Per concludere voglio ricordare un’ultima parola che spesso porto con me: COMPLESSITA’ che è un modo di essere o di presentarsi che rende difficile la comprensione, dovuto per lo più a profondità, minuziosità, disposizione o svolgimento necessariamente complicati.
Quindi, quando c’è un grandissimo numero di elementi interagenti, comprendere i comportamenti globali e personali può essere un’azione semplice?
O merita anche un silenzio fatto di domande e di approfondimenti personali e profondi?
L’urgenza di aver qualcosa da dire esponendosi, forse è figlia del desiderio di semplificare la complessità che appartiene a noi esseri umani e al mondo intero?
Forse abbiamo bisogno di modellare la realtà perché è troppo complessa?
Io ho scelto di farmi delle domande che condivido qui esponendomi, questo mi aiuta ad allenare lo sguardo in differenti direzioni, per ricordarmi che non esiste una visione unica.
Mai.
A me piace la parola coraggio che Aristotele igià più di 2000 anni fa, ndicò come la prima delle virtù umane. La prima perchè rende possibili tutte le altre.
Mi piace perchè studiando l’etimologia della parola ho visto che viene dal latino cor=cuore agere =agire cioè agire col cuore.
Avere coraggio significa per me mettersi in ascolto col proprio cuore, capire cosa vuole e trovare la forza per agire.
Solo cosi troviamo la forza d’animo necessaria per affrontare le paure e i pericoli che incontriamo per strada e che ci bloccano e per riuscire poi a fare le cose a cui davvero teniamo.
Esattamente Alessandra! Non è sempre facile soprattutto quando il nostro cuore è in sofferenza e diventa un pò sordo e cieco. Ma cercare di ascoltarlo anche se ci parla a bassa voce credo possa essere una scelta di nutrimento e cura verso noi stessi! Grazie per il tuo commento!