Diversi anni fa mi è stato consigliato un libro, dal titolo “Anime Gay” che ho comprato, ma non ho mai letto.
L’ho sempre tenuto nella mia libreria, nella convinzione che fosse il libro a scegliermi e non il contrario, perché ogni volta che mi trovo con un libro tra le mani, capisco che contenga ciò di cui ho bisogno in un certo momento della mia vita.
Questa mattina, mi sono alzata ed ho scoperto che oggi è la Giornata internazionale contro l’omofobia, e così una lucina si è accesa, dentro di me, e mi ha ricordato di possedere quel famoso libro.
Ne ho letto alcuni pezzi, desiderosa di leggere, poi, tutto il libro.
Mi fa male pensare che debba esserci una Giornata nazionale per combattere qualcosa che non dovrebbe neanche esistere.
Emozioni di tutti i colori hanno iniziato ad abitare in me e questo mio pezzo ha molto a che fare con loro.
Io penso che alla base delle nostre scelte di vita ci sia una sola parola: amore.
Amore per noi stessi, prima di tutto, nel senso si amarci al punto da viverci per quello che sappiamo abitare nel nostro cuore, senza maschere.
L’amore non va spiegato perchè possa essere accolto.
Semplicemente amiamo perché siamo fatti di amore.
Io credo che sia proprio il nostro ingrediente principale, anche se spesso lo dimentichiamo.
Un amore liberante ed autentico verso se stessi, e verso chi scegliamo di avere al nostro fianco.
Ho sentito spesso la parola ”accoglienza” abbinata alla parola “omosessuale”, avvertendo sempre, in me, una certa stonatura, un po’ come se gli omosessuali fossero anime da accogliere in maniera differente. Mi chiedo: ma non dobbiamo accogliere l’uomo in quanto tale? Una scelta sessuale può cambiare il desiderio di accoglienza? Perché percepisco nell’aria un’idea di “non normalità” che va guardata con una lente differente?
Sì la diversità c’è, ma è una diversità di scelte, non di anime.
Non voglio negare la differenza delle scelte legittime e personali, ma mi chiedo chi stabilisca cosa sia “la normalità” e cosa non lo sia, ed ancora: chi, è altro da noi?
Non siamo forse tutti “altro” rispetto a qualcuno?
Ho sentito tante volte anche la parola “innaturale” o “contro natura” e così mi sono chiesta, ma chi stabilisce che una scelta umana, e soprattutto sessuale, sia naturale o meno?
Non lo è sempre rispetto alla lente con cui la guardiamo?
Tutto parte da noi, da come noi guardiamo al mondo, alle persone e alle loro scelte sessuali.
Cosa si intende per “naturale”?
Goethe ha scritto che l’omosessualità può essere considerata naturale perché è antica quanto la razza umana. Persone lesbiche e gay sono esistite in tutte le epoche storiche e in quasi tutte le culture studiate dagli antropologi. Ho scoperto che nella cultura dei keraki della Nuova Guinea, il comportamento omosessuale è considerato come parte dei riti di iniziazione maschile.
In psicologia un’azione è naturale quando si origina da un istinto, da una pulsione o da uno stimolo. Un desiderio o un bisogno involontario che si genera all’interno di un organismo è, per quell’organismo, naturale.
In biologia ciò che non contrasta con “le leggi della natura” è considerato naturale. Nelle ricerche sul comportamento sessuale di specie, diverse da quella umana, le attività omosessuali appaiono spesso tra i primati, come i gorilla, le scimmie e i babbuini ed altre ricerche rivelano, anche, tali comportamenti tra ovini, bovini, cavalli, maiali e conigli.
In teologia la questione di fondo è legata ad una domanda: “Quale è veramente il proposito divino?” “Cosa desidera Dio da me?” e magari arriviamo anche a conclusioni assurde come quella secondo la quale: “Se Dio avesse voluto che gli esseri umani volassero, avrebbe dato loro le ali. Quindi l’aereoplano è una cosa innaturale!”. Se la fede di coloro che difendono queste posizioni non può essere chiamata in causa, la loro interpretazione della sessualità umana e dell’intento divino verso le manifestazioni sessuali umane può e, credo, debba essere messa in discussione.
Aristotele pensava che per sua natura il fuoco si dovesse trovare al centro dell’universo, salvo poi scoprire che così non era affatto.
I pregiudizi e l’intolleranza verso ciò che è diverso da noi sono la peggiore gabbia dentro la quale ci sentiamo sicuri, senza capire che, così facendo, rinunciamo ad essere liberi.
Se impariamo a riconoscere le nostre paure e le nostre insicurezze nascoste, forse riusciamo anche a cancellare quei pregiudizi e, magari, fuori dalla gabbia, tutti insieme, possiamo sentirci pronti a realizzare il grande progetto dell’uomo su questa terra.
Sono consapevole di quanto, la nostra, sia una tradizione consolidata da atteggiamenti di rigidità, da pregiudizi, paure, stereotipi, e da ignoranza vera fatta di non conoscenza dell’animo umano, ma ho anche fiducia nell’animo umano e non voglio perderla.
Spesso guardiamo le persone attraverso le loro scelte, senza pensare alle emozioni che stanno dietro quelle scelte, ai loro desideri e ai loro bisogni.
Le persone che sentono nascere in loro l’attrazione per una persona del loro stesso genere, avvertono una iniziale emozione di “estraneità” da se stessi che li spaventa ed, a mio parere, un po’ continua ad abitare in loro se, il mondo in cui vivono, continua a guardarle con una lente che separa anima e sentire, anima e scelta sessuale, anima e amore.
E, così, loro stessi si sentono “altro” al punto da doverlo poi manifestare in maniera plateale.
Io non vado in piazza per rivendicare la mia libera eterosessualità, e sogno un mondo in cui neanche le persone omosessuali si sentano di doverlo fare, come se il diritto ad amare chi sentono di amare, debba essere urlato per essere rispettato e compreso.
Sono scelte che hanno radici profonde nell’anima, che è personale, preziosa, potente, delicata, ma soprattutto unica.
Tante volte ho sentito che la scelta omosessuale non è naturale perché non permette di creare una “vera famiglia” attraverso la procreazione, come se l’amore avesse valore solo per i potenziali frutti che può dare, e così mi fermo a pensare che l’unica famiglia di cui abbiamo bisogno davvero sia quella fatta di amore, ascolto, accoglienza e speranza per vivere un’esistenza feconda e soddisfacente, a prescindere dai frutti che arrivano o meno. Non è questo è il vero spirito dell’unità cristiana?
C’è scritto da qualche parte che il genere che si sceglie di amare definisce la mia anima tra i “salvati”?
Non voglio nascondere o sminuire la complessità del tema.
Io non sono una psicologa, e neanche un’ antropologa o una teologa, sono solo una donna che ha provato a scrivere il proprio sentire, trasformando le sue emozioni in parole scritte, nella speranza che possano essere quel “balsamo”, di cui parla Etty Hillesum, per chi ancora oggi si sente diverso e marginalizzato.
Perché credo che alla fine ciò che bisogna cercare di realizzare, in questo cammino di vita, abbia molto a che fare con la pace con se stessi e il proprio sentire.
Di strada se ne è fatta, non lo nego, ma, a mio parere, molto lungo ed ampio è il pezzo ancora da percorrere.
Togliere le radici ad un pensiero è l’azione più difficile che conosca, lo capisco perfettamente.
Arrivano sempre piccole radici, che pensavi di aver tolto, a ricordarti che sono ancora lì, pronte a far germogliare quello stesso pensiero che, in qualche modo, separa, perchè ti allontana dal sentirti libero di viverti davvero fino in fondo e di farlo alla luce del sole.
Partendo da me, desidero mantenere uno sguardo aperto ed umile che mi aiuti a guardare all’alterità come un’opportunità di crescita, che mi aiuti a cogliere la complessità dell’animo umano, perché sono convinta che dietro ad ogni scelta non ci sia mai una storia unica, ma sempre una relazione con l’amore.
A volte questa relazione è combattuta, altre negata, altre ancora desiderata e vissuta a metà, altre libera, complicata, complessa, leggera, splendente, ma mai immutabile o irrevocabile.
Credo che solo restando aperti possiamo permettere al cambiamento di abitare in noi, cambiamento di pensiero, di idee ed anche di scelte, ma soprattutto cambiamento di sguardo a tutto ciò che è altro da noi.
Noi siamo cambiamento.
Io sono orgogliosa, grata e felice di avere tra i miei affetti cari, persone che hanno fatto una scelta diversa dalla mia, perché grazie a loro ho imparato ad usare, ed allenare, una lente attraverso cui capire che il mio cuore è la persona che vuole vedere, non le sue scelte sessuali personali e preziose.
Sogno un mondo in cui chi sente di amare lo faccia e lo possa fare senza ricevere sguardi allusivi, giudicanti e sprezzanti.
Ho percepito, spesso, una sorta di irrequietezza di fondo, nelle anime gay che ho incontrato, ed a cui voglio bene, come se ci fosse sempre una parte, dentro al loro cuore, che sente di vivere qualcosa di “giudicato male”, o comunque di non accolto davvero fino in fondo, un po’ come se si sentissero sempre “altro” da cui difendersi o giustificarsi o, a volte, nascondersi.
Sogno che quel senso di “estraneità” da sè possa sparire con la stessa naturalezza con cui sanno amare, esattamente come me e come tanti eterosessuali, perché sono semplicemente anime.
Sogno che possano sciogliere i loro invisibili nodi interni, con lo sguardo visibile, attento ed amorevole del mondo che, forse, li ha aiutati a crearli quei nodi.
Sogno che di fianco alla parola anima non ci sia bisogno di unirne un’altra che ne definisca la personale scelta sessuale.
Perché siamo tutti solo e semplicemente anime.
Anime in cerca di amore.
E forse basta semplicemente amare e smettere di giudicare, partendo da noi.
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