“Ti darei gli occhi miei per vedere ciò che non vedi” queste le parole di una canzone di Renato Zero che amo particolarmente, e che spesso mi torna alla mente, forse perché tante volte ho desiderato, e desidero tuttora, guardarmi con gli occhi di chi vede in me ciò che io faccio fatica a vedere ed a riconoscere. Solo che forse si finisce inchiodati ad una “finestra” spettatori malinconici, come dice Zero, la finestra dalla quale si aspetta che siano gli altri a definire il nostro valore. E’ un rifugio, lo capisco, perché aspettiamo che siano gli altri a strapparci l’energia, l’allegria ed i sorrisi. Pensiamo di riuscire a volare dove vogliamo e dove sappiamo, senza più quel peso sul cuore, solo se ci aiuta a farlo chi è capace di nasconderci le nuvole, di curarci le ferite e l’anima e quell’inverno che ci fa male, per ritrovarci a ridere e correre ancora, ma siamo noi che ci dimentichiamo distrattamente di un fiore, di una domenica, di un sorriso, di uno sguardo e poi….scegliamo i silenzi, perché le parole restano incastrate, dalla paura, nella gola.
Ci ritroviamo a cercare fuori, ciò che, dentro, è lì che aspetta solo di essere illuminato e finalmente visto, ma con gli stessi occhi di chi vede in te una stella che brilla, pur essendo fragile, piena di imperfezioni, stramba, lunatica, debole, annoiata, scontrosa, distratta, sognatrice, bambina, anima in lotta per non farsi nascondere dalle nuvole dei propri inverni, ma pur sempre desiderosa di brillare di luce propria.
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